lunedì 6 aprile 2020

otto

8.
Sono tremendo. Non ho sensi di colpa da tantissimo, sono infimo e offro sorrisi senza pensare al domani. Il domani l’ho licenziato, è un’abitudine che ormai non so perdere. Perdo continuamente la voce invece. Ma poi fumo, ma non è masochismo, mi curo abbastanza da poter fumare, ho comprato questo voxyl una scatola di caramelle all’erisimo che è questa pianta che scioglie i mali intorno alle corde vocali. Mi immagino questi fili trasparenti resistenti, tra una parete e l’altra del collo come se fossero un po’ arrugginiti e questa pianta che rilascia sbuffi di aria fresca e azzurra e ripulisce tutto. Così poi posso fumare. Mi sembra un pensiero un po’ felice. Mi pensi ancora? Ogni tanto mi pensi? Perché ci sono quelle sere dove vorrei prenderti e serrarti al petto. Tu rimani?
Domani rimani? Mi manchi domani. È una voglia che rimane appesa certe sere. Certe sere ti bacio più di altre. Musica. È come musica. È un abito che svela le vene del pensiero, sui polsi. Mi pulsi.
E senti l’anima palpitare, in gola. Ma tu non lo devi sapere non lo devi sapere.
Mi sta venendo questa voce da uomo insieme al mal di gola ed è propio una voce che parte da chissà quale profondità del mio corpo, mi sento al cinema, a osservare i cambiamenti della mia voce. Non mi sento mai in colpa da qualche mese. Chissà che è successo, ma io non ho sensi di colpa, li ho tutti imprigionati in una pista da ballo e lì incantati dalla musica ballano senza filarmi.
Io quindi, faccio le cose come mi sento, sul momento che poi tanto è difficile vivere il presente, invece il passato e il futuro non sono mai certi perché il passato te lo idealizzi nella razionalizzazione e il futuro te lo idealizzi nella speranza, il presente puoi solo viverlo nella rassegnazione.
Una rassegnazione pacifica oggi la mia. Che fortuna.
È un delirio questa malattia. Volevo scrivere vita ma poi ho scritto malattia, che curiosa questa cosa che scrivi cose che non volevi. Poi ogni tanto guardo le gambe eleganti dei miei sensi di colpa che ballano ancora e sono proprio belli lì, tutti insieme che se la ridono nella pista da ballo bivaccando alcuni, intrecciati altri. E vederli così in questa particolare loro intesa, mi sembra proprio uno spreco andare a rovinare questa bella festa e li lascio lì. Tanto prima o poi si stancheranno e verranno loro da me, io finché posso me li godo così, da lontano, dal divano, bevendo grappa e piangendo dentro. Sono proprio commoventi. Ci sono le tre grazie coi loro veli che tengono banco e sono proprio assuefatte ora, che stiano lì, che si bacino ora, finché non dovranno tornare al lavoro e strapparmi i fasci muscolari come giovani Erinni inesperte, solo istinto. Ora non mi vedono perché sono in penombra, sono in dormiveglia e in malattia. Ma sentiranno un giorno l’attrazione, si volteranno un giorno come lupi. Mi punteranno un giorno come cani. Ma intanto me ne vado. Perché io vivo bene anche senza di loro, si vive lo stesso, è questa la cosa che fa male. Che si vive lo stesso anche senza sensi di colpa. Sai, i sensi di colpa ti fanno sentire segretamente assolto, come se il senso di colpa stesso possa bastare. La cosa triste è che non gliene frega un cazzo a nessuno dei tuoi sensi di colpa. A me no. Io vivo lo stesso. Tu vivi lo stesso. E facciamo schifo lo stesso. Ma quindi, che senso ha? Se tanto vengono comunque perché sono sovrastrutture, che senso ha? Cercare queste attenzioni assurde da persone orribili, dalle gambe eleganti certo, ma terribili. Nella vita sto accumulando tantissimi zeri, forse un giorno arriverà un 1 e i miei zeri prenderanno valore. Intanto io colleziono zeri, sono tutti sui miei soprammobili di lusso. Rido.
Sei proprio tu. Non so che darei per te. Darei i fili del mio maglione per te, in un gomitolo, per risparmiare spazio, perché tu possa farne ciò che vuoi. Va tutto bene. E’ solo una vita. È solo un gioco complice. Lo senti ora il sapore dell’acqua? La senti ora l’acqua? Sei nato dall’acqua come me.

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